
Ottobre è il mese del benessere psicofisico. Un invito a fermarsi, respirare, e ascoltarsi davvero.
Ma quanto spesso lo facciamo, senza distrazioni, senza giudizio?
Nella routine frenetica della vita quotidiana, può capitare che qualcosa si inceppi. Un dolore ricorrente, una stanchezza che non si spiega, un respiro corto nei momenti meno attesi.
IL LINGUAGGIO SILENZIOSO DEL CORPO
Ci diciamo “è solo stress”.
Eppure, quel “solo” nasconde molto più di quanto vogliamo vedere.
Quando il corpo parla, sono le emozioni che cercano voce
Lo aveva già intuito Ippocrate, padre della medicina:
“In ogni parte del corpo c’è una certa misura di pensiero cosciente.”
Il nostro corpo sa.
Sa cosa ci nutre e cosa ci avvelena, cosa ci dà equilibrio e cosa lo spezza.
Ma quando le emozioni non riescono a trovare spazio per essere riconosciute, comprese o legittimate, allora è il corpo che se ne fa carico.
E lo fa a modo suo.
Con un disagio, con un sintomo, con un segnale.
Nasce così la somatizzazione: quando ciò che non possiamo o non riusciamo a dire con le parole, il corpo lo urla attraverso i sintomi.
Perché accade?
Spesso, siamo abituati a sentircelo dire: “Non è niente, sarà solo stress.”
Ma non è mai solo stress: è un accumulo di vissuti, emozioni, conflitti che non trovano spazio.
E allora il corpo si prende quel posto, a modo suo.
Ci mette in allerta, ci avvisa. Ma se non lo ascoltiamo… il prezzo da pagare rischia di essere alto.
- Accade quando ci abituiamo a trattenere.
- Quando evitiamo di sentire, perché fa paura.
- Quando continuiamo a funzionare anche se dentro qualcosa scricchiola.
La rabbia la nascondiamo dietro l’efficienza. La tristezza sotto il dovere. La paura la mascheriamo con il controllo.
Eppure, tutto resta. Non scompare.
Si incarna.
Ed è proprio lì che il corpo diventa l’unico canale di comunicazione possibile: un messaggero che bussa con insistenza, finché non decidiamo di ascoltarlo, come ci ricorda Peter A. Levine, “Il corpo parla la lingua della verità, anche quando la mente cerca di ingannarci.”
Il disagio che non riconosci, il corpo lo traduce in linguaggio fisico

SOMATIZZAZIONE: QUANDO IL DISAGIO DIVENTA SINTOMO FISICO
Le emozioni sono energia. Movimento. “Ex‑movere”: muovere da dentro.
Quando vengono ignorate, represse o razionalizzate, si accumulano e cercano una via d’uscita.
Il sistema nervoso entra in allerta, il corpo si irrigidisce, l’equilibrio si spezza.
E i sintomi iniziano a parlare per noi: con il malessere, con le tensioni, con il dolore.
Ma quando ci limitiamo a “curare” il sintomo senza ascoltarlo davvero, ci perdiamo qualcosa.
Spesso, ci perdiamo proprio noi.
Il modello psicofisiologico integrato bioesistenzialista: mente e corpo come un’unica realtà
Il prof. Vezio Ruggieri, padre del modello psicofisiologico integrato bioesistenzialista, ha aperto una via nuova nella comprensione della sofferenza umana: corpo e mente non sono separati, sono due facce della stessa medaglia, in costante dialogo e interdipendenza.
“Il corpo è un modo di essere della mente e la mente è un modo di essere del corpo”.
La sua visione rifiuta ogni forma di dualismo e propone una lettura profonda e integrata della persona, in cui ogni emozione ha un effetto nel corpo, ogni stato corporeo influenza l’equilibrio psichico. La postura, la voce, il respiro raccontano come stiamo vivendo, anche quando non ce ne rendiamo conto.
MENTE E CORPO: UN’UNITÀ INSCINDIBILE
Ruggieri parla anche di inconscio psicofisiologico:
quelle emozioni che non sappiamo nominare, quei vissuti rimossi, trovano comunque una via per manifestarsi — attraverso il corpo.
Un gesto ripetuto, una tensione localizzata, un modo di stare al mondo diventano tracce somatiche di esperienze non elaborate, non espresse.
Ecco perché il corpo va ascoltato, e non solo “aggiustato”.
Solo il corpo può riportare il corpo al suo equilibrio
TRA TRAUMA E GUARIGIONE: IL CORPO GUIDA IL RITORNO ALL’EQUILIBRIO
Dopo un trauma o un periodo di stress intenso, il corpo può andare in uno stato di squilibrio, dove mente ed emozioni faticano a trovare pace. È proprio il corpo, con il suo linguaggio fatto di sensazioni e movimento, che può guidarci a ritrovare l’equilibrio perduto. Come ci insegna Pat Ogden, esperta di psicoterapia somatica, solo attraverso l’ascolto del corpo possiamo davvero prenderci cura di noi stessi e guarire.
Il corpo come sentinella: la teoria polivagale
Secondo Stephen Porges, il nostro sistema nervoso reagisce al pericolo in modo automatico e profondo. Anche quando non ce ne accorgiamo, il corpo può attivare risposte difensive come la fuga, l’attacco o il congelamento, per proteggerci.
Ma se queste risposte restano attive troppo a lungo, il corpo rimane in uno stato di allerta costante.
Ascoltarlo è il primo passo per ritrovare una sensazione di sicurezza, presenza e benessere.

SELF-CARE CONSAPEVOLE: COME PRENDERSI CURA DI SÉ OGNI GIORNO
E allora, come ci si prende cura?
La vera cura comincia da una domanda.
O forse da un silenzio. Da uno spazio di ascolto.
Non sempre servono soluzioni immediate. Spesso, serve solo il permesso di sentire.
- Quando è comparso questo sintomo?
- Cosa stavi vivendo in quel momento?
- Che emozione stai evitando di contattare?
- Cosa vuole dirti il tuo corpo che la tua mente non riesce ancora ad afferrare?
Inizia da qui.
Dal lasciare spazio a ciò che senti, senza giudicarlo, senza allontanarlo.
Accogli, rifletti, integra.
È così che il benessere diventa possibile. Non come perfezione, ma come consapevolezza.
Il self-care come abitudine consapevole
Self‑care non è solo una coccola, è una pratica intenzionale di ascolto e rispetto di sé.
Non si tratta di creme, tisane o cuscini profumati (che pure aiutano!), ma di abitudini sane, costanti e consapevoli.
Fermarsi. Respirare. Dormire abbastanza. Riconoscere i propri bisogni. Dire di no. Nutrirsi in modo adeguato. Muoverti. Chiedere aiuto. Rallentare.
Perché come afferma Jim Rohn, “Abbi buona cura del tuo corpo, è l’unico posto in cui devi vivere.”
Il corpo non è solo un contenitore: è il luogo in cui abitiamo ogni emozione, ogni esperienza.
Prendercene cura è un modo concreto per ricordarci che meritiamo equilibrio, dignità e presenza. Ogni giorno. Non solo quando stiamo male.
A te, che leggi…
“Le tue giornate ti nutrono o ti consumano?”
“Cosa stai mettendo a tacere?”
“Se potessi smettere di zittire il sintomo… cosa ti direbbe davvero?”
Se queste parole ti risuonano, se qualcosa dentro di te si è mosso leggendo, è il momento giusto per cominciare ad ascoltare.
E se ti ci sei riconosciut*, ma senti che da solə non sai da dove iniziare, sappi che non sei solə.
Io ci sono. Qui.
Perché a volte, per imparare davvero a prenderci cura di noi, serve anche il coraggio di chiederlo.